Musica reale
Febbraio 2022
No, qui non parlo della musica a corte, bensì del rapporto tra musica e realtà.
C’è una rivista, “Musica/Realtà”, il cui titolo mi ha sempre suggerito che i due piani fossero da tenere distinti: da una parte la musica come artefatto culturale immaginata e prodotta dall'uomo, da fruire nello spazio e nel tempo "isolato" del concerto, dall'altra la realtà quotidiana "esterna" con la sua successione di eventi quotidiani.
In realtà - è il caso di dire - il rapporto tra musica e realtà è più sottile: oggetti diversi che io percepisco come reali (un'emozione o la matita che uso per scrivere) si presentano alla coscienza come costitutivi di differenti "sfere di realtà": per dirla con i sociologi Berger e Luckmann, l'uomo ha coscienza del mondo come costituito di "realtà molteplici".
Per una serie di ragioni, se paragonate alla realtà della vita quotidiana, altre realtà (ad esempio l'esperienza dell'ascolto musicale) appaiono come sfere di significato circoscritte, «situate inevitabilmente all'interno della realtà dominante». Quando si riaccendono le luci della sala o si abbassa il sipario, lo spettatore "torna alla realtà", ovvero alla realtà dominante della vita quotidiana e il passaggio da una realtà all'altra è in genere percepito con un certo choc, come quando ci si risveglia improvvisamente da un sogno. Il linguaggio musicale trascende la realtà quotidiana: è un sistema di simboli grazie ai quali la significazione raggiunge «il distacco massimo dall'hic et nunc e si libra in regioni inaccessibili all'esperienza quotidiana» (cfr. P. L. Berger e T. Luckmann, La realtà come costruzione sociale, Il Mulino, Bologna 1969, pp. 39-47).
La scissione tra le "due realtà" è ancor più sensibile se si affronta il problema del tempo "musicale", ovvero quello che percepiamo ascoltando musica. Questo non corrisponde al tempo "oggettivo", che ospita la sequenza dei reali avvenimenti della vita: «una volta riconosciuta l'unicità delle esperienze temporali della musica e di quelle vissute attraverso di essa, possiamo iniziare a intravedere il potere della musica di creare, alterare, distorcere, o perfino distruggere il tempo stesso. [...] Il tempo musicale viene esperito in un modo che gli è peculiare, malgrado la musica esista e venga ascoltata nel tempo assoluto» (J. D. Kramer, Il tempo musicale, in Enciclopedia della Musica, Einaudi, Torino 2001).
Dunque due mondi distinti che si svolgono con tempi diversi. Ma cosa succede quando il confine tra palco e realtà si sfuma? Nel caso di molte musiche rituali o dei work songs, ad esempio, il suono musicale è giocoforza "misto", ma anche in altre musiche i due piani possono incontrarsi: imprevedibilmente come nel caso di fastidiosi colpi di tosse a un concerto, oppure in modo programmatico come in 4'33'' di John Cage, o ancora grazie alle possibilità che i mezzi elettronici hanno di "catturare il reale" e di integrarlo preventivamente o contestualmente all'esecuzione.
Nel momento in cui scrivo sono in treno e ascolto in cuffia Ages, musica elettronica di Maderna su testo di Shakespeare: “il mondo è tutto un palcoscenico” si ripete, e i fonemi si contrappuntano ai suoni delle rotaie. Un po’ quel che accade nel mix variegato tra suono degli strumenti e suono "d'ambiente", sempre in treno o perché no, in elicottero. Anche nelle musiche più tradizionali, che pensiamo “chiuse” magari da una scrittura più prescrittiva o storicamente accertata, a volte il confine tra arte e vita è labile: l’interprete che canta tra sé e sé, il cellulare che squilla al concerto e che viene estemporaneamente "integrato" nello spettacolo, il clacson che interagisce con la nostra autoradio (o con una vera orchestra) contribuiscono di fatto alla costruzione della nostra “realtà musicale” tout court.
Allora forse un colpo di tosse o lo scricchiolio di una sedia possono essere “musicali” quanto una cadenza di inganno o un portamento dell’oboe, basta “studiare” il modo adatto per metterli in relazione;
è quello che ho tentato nei Real studies per un pianista, eseguiti in prima mondiale da Emanuele Torquati al Festival Sound Spaces 2021 Malmoe, se ne trova un estratto dei primi tre a questo link. Nei Real studies gli elementi tradizionalmente "estranei" alla musica e appartenenti alla realtà quotidiana (i respiri, il canticchiare tra sé, il contare i battiti con una matita, i gesti espressivi delle braccia e addirittura il battito irregolare di un metronomo digitale difettoso) entrano con prepotenza nel mondo "illibato" di celebri brani di repertorio: Bach, Chopin, Beethoven, Schumann, Brahms, Debussy, Scarlatti.
Musica e realtà si confondono e originano uno strano ibrido, una specie di musica del quotidiano, musica "reale"...
In questa confusione fatta di realtà e finzione, sogno e veglia, studio e concerto, passato e futuro una cosa è certa: i reali settecenteschi non avrebbero gradito più di tanto certe "rumorose" intromissioni a corte!
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